Print This Post Print This Post

TEMPI MODERNI O TEMPO PERDUTO?

«Caro Diario, non ti scrivo più. Mi dispiace per te ma sono passato al blog»

come-aprire-un-blog-1024x529

Blog o non blog? (immagine web)

 di Valeria Meli

Valeria Meli

Valeria Meli

PARE CHE la generazione dei Millennials sia stata l’ultima ad avere utilizzato il diario personale come strumento di narrazione di sé, della propria personalità e storia. Chi tra i nostri lettori ha adesso dai trenta ai quarant’anni o più, si ricorderà certamente le serate passate a scrivere pagine e pagine di pensieri, emozioni, sfoghi a quel fedele amico di riflessione e introspezione fatto di fogli di carta, sempre pronto a ascoltare e ritenuto quasi disposto ad  aiutare chi scriveva a sperare e sognare.
Il diario era un luogo intimo, quasi sacro, un rifugio sicuro, dove nessuno poteva permettersi di entrare. Tipico è l’esempio del diario segreto che con il suo piccolo lucchetto testimoniava proprio il suo carattere di segretezza: solo chi possedeva la chiave, poteva accedervi. A lui si poteva raccontare tutto e lasciar emergere anche i propri mostri interiori, le contraddizioni, il dualismo stile dottor Jekyll e mister Hyde di quelle giovani personalità in formazione che lo scrivevano. Il diario – e lo sa bene che ha provato a rileggerlo distanza di anni – era il custode dei pensieri più proibiti e inconfessabili perché le sue pagine infatti erano destinate semplicemente alla rilettura personale.

Tra blog e diari, due modi di scrivere di sé antiteci

Il classico diario con lucchetto è ancora reperibile internet

Il classico diario con lucchetto è ancora reperibile su internet

OGGI, NELL’EPOCA della rivoluzione digitale, i blog gradualmente hanno sostituito il diario personale e intimo come strumento pubblico per esprimere pensieri, esperienze, opinioni e più in generale per ottenere consenso e approvazione da parte degli altri. Abbiamo in pratica assistito ad un vero e proprio ribaltamento di senso che ha trasformato quello spazio intimo e privato del silenzio interiore in uno spazio pubblico del rumore indispensabile senza il quale è impossibile raggiungere un pubblico più vasto possibile, un numero di follower più numeroso possibile. Perché poi ormai lo sappiamo: più like si hanno, più vale la propria persona.
E così, la finalità della scrittura dell’intimità tipica del diario ha abbandonato il valore di accompagnamento allo sviluppo della propria personalità per trasformarsi in un allenamento ad adattarsi ad un modello già preconfezionato di ciò che si vuole essere – o peggio – di ciò che il mondo obbliga ad essere.
Ovviamente non siamo in grado di sapere quali saranno gli effetti a lunga scala di questo mutamento e a cosa condurrà questa continua tendenza all’omologazione e alla ricerca spasmodica di consenso. Di certo possiamo prevedere che gradualmente perderemo dalle nostre vite quelle pagine ingiallite e stropicciate ricche di tanta autenticità.

Caro diario, ti scrivo una cosa che solo a te dico (foto web)

Caro Diario, ti scrivo una cosa che solo a te dico. Un’abitudine superata? (foto web)

Stampa

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.

*