Print This Post Print This Post

SCIENZA STORIA & NOI

Il clima del pianeta è cambiato? Come, quanto e quando

1

Il clima del nostro pianeta non è stabile, ma variabile nel tempo e nello spazio in funzione dei cicli d’interazione dinamica di numerosi fattori – detti “forzanti” – interni ed esterni al sistema (immagine dalla rivista Geochemical Perspectives, 2018) 

a cura di Roberto Macchiarelli

R. Macchiarelli(Paleoantropologo, già professore ordinario al Dipartimento Geoscienze dell’Università di Poitiers e al Muséum di Storia Naturale di Parigi)

“LO RICORDO BENE. Come diceva anche mio padre, le stagioni erano più nette… e l’inverno, che diamine, inverno lo era veramente, freddo… e d’estate non si formavano dal nulla quei nuvoloni neri e densi che oggi inghiottono tutto in un vortice. Me lo ricordo, non era come oggi… Tutto è cambiato”.
Tanti anziani tra di noi, sguardo proiettato lontano, amano raccontare il loro vissuto, condividere ricordi. Soprattutto in campagna, i riferimenti al tempo, al clima, alle stagioni sono quelli più frequenti. Ascoltare la voce dell’esperienza, il vissuto che parla, è sempre un piacere che suscita rispetto per chi ha guardato e visto e ne ha fatto tesoro quando magari noi eravamo distratti, o non eravamo ancora là. Tramandata di bocca in bocca, questa memoria individuale diventa conoscenza, si trasforma in sapere.
Ma non sempre il valore del vissuto alla misura di un essere umano offre uno spaccato soddisfacente, garantisce una risoluzione che ci permette di costruire modelli realistici, certamente non su scala planetaria. Tenendo ben distinti clima e metereologia, che non sono sinonimi, proviamo allora a camminare indietro nel tempo accompagnati dalla lettura di qualche vecchia testimonianza scritta, per poi spingerci più lontano consultando questa volta il registro degli avvenimenti, degli scenari come ci vengono restituiti dalle misure chimico-fisiche dei rapporti isotopici di alcuni elementi estratti dalle formazioni calcaree delle grotte (gli speleotemi), dai carotaggi effettuati a diverse profondità in dominio marino e continentale, dalla struttura dello smalto dentario dei resti animali rinvenuti dagli archeologi… preziose fonti d’informazione che ci parlano di paleotemperature, di umidità, di ambienti del passato. E poi cerchiamo anche i segnali nascosti nel profondo del tronco degli alberi, o quelli ancora impressi come striature lungo le pareti lisce delle rocce.

Un Antropocene tossico

Il rapido riscaldamento degli strati superiori degli oceani, in particolare del Pacifico, sta impattando sensibilmente le dinamiche delle calotte aumentando la frequenza e l’intensità di fenomeni di tipo ciclonico (immagine dalla rivista Science, 2022)

Il rapido riscaldamento degli strati superiori degli oceani, in particolare del Pacifico, sta impattando sensibilmente le dinamiche delle calotte aumentando la frequenza e l’intensità di fenomeni di tipo ciclonico (immagine dalla rivista Science, 2022)

Lasciamoci dunque alle spalle questo “Antropocene”, che sta diventando così rapidamente tossico ed irrespirabile tanto da battere purtroppo qualsiasi record storico, e proiettiamoci nel passato seguendo il profilo altalenante di una sorta di elettrocardiogramma.
Oscillazioni climatiche irregolari di varia ampiezza (scala decennale o secolare) erano frequenti nel passato, anche se si tratta piuttosto di pulsazioni fredde. Si racconta che, durante l’inverno del 1709, il vino e la carne di pernice gelarono sulla tavola del re di Francia, il Borbone Luigi XIV, per ironia della sorte chiamato il Re Sole. In effetti, siamo nel bel mezzo di un periodo particolarmente rigido della storia recente del pianeta, noto come “piccola era glaciale”, quando le acque del Tamigi rimanevano a lungo ghiacciate. Poco tempo prima, durante il Medioevo, per circa tre secoli si ebbero invece temperature medie più elevate ma, a sua volta, quest’epoca fu preceduta da instabilità climatica e forte piovosità che impattarono profondamente le attività produttive sommandosi a diversi eventi epidemici e carestie.
Secondo lo storico medievalista americano Michael McCormick, l’anno 536 AD, quando il sole quasi scomparve per oltre 18 mesi a causa di un picco d’intensità del vulcanismo islandese, “fu l’inizio di uno dei periodi storici peggiori per vivere in Europa, se non addirittura l’anno peggiore”. La temperatura media di superficie del nostro emisfero scese di 2,5°-2,7° C.
Pur se ben lontano dai picchi attuali, quello dell’Impero romano fu invece un periodo climatico piuttosto caldo, che seguì la fase di relativa stabilità che caratterizzò anche la precedente Età del ferro.
Se provassimo a modellizzare il percorso di circa 3000 anni effettuato finora, ci accorgeremmo che le pulsazioni aritmiche del nostro “elettrocardiogramma climatico” possono essere interpolate da una curva di tipo sinusoidale (ad “S” orizzontale) che indica grossolanamente dei cicli della periodicità di circa 1000 anni tra cosiddetti “eventi di Bond” (dal nome dello studioso Gerard C. Bond che per primo li identificò). Si tratta dell’arrivo a latitudini medie dell’Oceano Atlantico di gruppi di iceberg formatisi tra il Labrador e la Groenlandia ma staccatisi a fasi dalla banchisa ed andati alla deriva per migliaia di chilometri verso sud-est per sciogliersi completamente scaricando il loro contenuto di rocce sul fondo del mare al largo delle coste dell’Europa occidentale. È dunque nei carotaggi delle navi da ricerca che si legge la loro presenza e si ricostruisce la loro storia, una storia d’instabilità climatica planetaria. Ma questi eventi – otto identificati fino ad oggi nel corso dell’Olocene (gli ultimi 11,700 anni) – furono a loro volta preceduti da altri di portata anche superiore (chiamati eventi di Heinrich e di Dansgaard-Oeschger) che testimoniano di pulsazioni avvenute decine e decine di migliaia di anni fa…, quando i Neandertaliani si bagnavano confortevolmente nelle acque tiepide tra il canale della Manica ed il Mare del Nord… Ma questa è una storia d’altri tempi che merita d’essere raccontata per intero.

Il Tamigi gelato, dipinto del 1677 di Abraham Hondius (immagine web del Museo di Londra)

Il Tamigi gelato, dipinto del 1677 di Abraham Hondius (immagine web del Museo di Londra)

Le variazioni climatiche del nostro pianeta risultano da complesse dinamiche d’interazione e retroazione non lineari tra cosiddetti “forzanti” endogeni (per esempio, l’attività profonda del mantello terrestre che si esprime attraverso la tettonica ed il vulcanismo) ed esogeni (soprattutto, ma non solo, le variazioni dei parametri di posizione orbitaria della Terra rispetto al Sole, che variano attraverso i millenni insieme all’inclinazione del suo asse, uno dei determinanti del contrasto termico tra le stagioni). A questo andrebbero poi aggiunti gli effetti sempre possibili di altre variabili in grado di interagire in modo aleatorio e perturbare i “forzanti” principali, come il caso eccezionale dell’impatto di un asteroide, ma anche gli effetti invisibili, ma misurabili, dei raggi cosmici derivanti dall’esplosione di una supernova, pur lontanissima.

Il vulcanismo, terrestre e sottomarino, è uno dei “forzanti” naturali del clima, anche su scala planetaria. Qui l’eruzione dell’arcipelago polinesiano delle isole Tonga nel gennaio 2022 (immagine dalla rivista Science, 2023)

Il vulcanismo, terrestre e sottomarino, è uno dei “forzanti” naturali del clima, anche su scala planetaria. Qui l’eruzione dell’arcipelago polinesiano delle isole Tonga nel gennaio 2022 (immagine dalla rivista Science, 2023)

Dopotutto non dovremmo stupirci se, anche per il clima, panta rhei, tutto scorre, come diceva (forse) Eraclito. Certamente, per fortuna! Ma, come capiamo facilmente esplorando il passato, sarebbe meglio che questo avvenisse secondo i tempi ed i modi della natura, senza l’aiutino non richiesto ed affatto apprezzato che le stiamo imponendo suo malgrado iniettando nell’atmosfera, soltanto nel periodo 2018-2019, ben 36,831 miliardi di tonnellate supplementari di anidride carbonica (nella prima parte del 20° secolo, erano meno di 2 miliardi) per assicurare ad una modestissima porzione di nostri consimili – che evidentemente proprio simili non sono – un brevissimo, effimero benessere a detrimento di tutto il resto.
Ecco, di questo “forzante” antropico gentilmente offerto, il sistema Terra non avrebbe proprio bisogno.

Diverse attività umane, come quelle industriali e belliche, rappresentano un “forzante” esterno al “sistema Terra” che sta alterando in modo repentino soprattutto le dinamiche chimico-fisiche dell’atmosfera, con importanti effetti sul clima (immagine dalla rivista Nature, 2023)

Diverse attività umane, come quelle industriali e belliche, rappresentano un “forzante” esterno al “sistema Terra” che sta alterando in modo repentino soprattutto le dinamiche chimico-fisiche dell’atmosfera, con importanti effetti sul clima (immagine dalla rivista Nature, 2023)

 

Stampa

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.

*