Print This Post Print This Post

ILNUOVOPAESE.IT del 10/16 ottobre 2024, Numero 41 (Anno XIV) - IN COPERTINA

Cinquantamila anni fa, in un mondo in trasformazione. Noi sapiens e gli altri…

Secondo diversi studi genetici, tra 50 e 40 mila anni fa la popolazione neandertaliana era frammentata in piccoli gruppi con modesta variabilità genetica ed elevato tasso di endogamia (ricostruzione artistica di una famiglia neandertaliana dalla rivista Science, 2017)

Secondo diversi studi genetici, tra 50 e 40 mila anni fa la popolazione neandertaliana era frammentata in piccoli gruppi con modesta variabilità genetica ed elevato tasso di endogamia (ricostruzione artistica di una famiglia neandertaliana dalla rivista Science, 2017)

 “¥đØåƢLj  ĪĮ  ċĘ×ŧſƂƂ džǥÐðąƀĦħ  şŦĴĶĻøÅðÿ Ƹƻƾǻ ŋŖ ƆƉƔ  ĪĮ  ÞŀŊƕƟ ƂŸ§ ¥đØåƢLj…” (“attenti quando passate dall’albero nero  forse Thorin torna ancora per guardare e prendere le nostre cose, attenti quando passate…”).

 a cura di Roberto Macchiarelli

R. Macchiarelli(Paleoantropologo, già professore ordinario al Dipartimento Geoscienze dell’Università di Poitiers e al Muséum di Storia Naturale di Parigi)

L’ANZIANO CON la pelle ebano, i radi capelli ancora corvini, gli occhi blu e il braccio accorciato dalla zampata di una giovane orsa, di cui lasciava penzolare i quattro lunghi canini appuntiti intorno al collo, si allontanava malvolentieri dai focolari tenuti sempre accesi lungo il riparo sotto roccia. Ma quella mattina si spinse oltre le pelli tese tra il suolo e le asperità del calcare della falesia che delimitavano il sito per raccomandarsi, ancora una volta, ai tre giovani equipaggiati per la battuta di caccia. Temeva ancora Thorin, il capo degli aLtRi. Ma i tre lo ascoltarono appena. Da molte lune gli aLtRi non si avvicinavano al loro campo. E poi, non ne avevano mai avuto paura, neppure di Thorin, “il rosso”.
Degli aLtRi non si sapeva più nulla. Sembrava che l’inverno li avesse fatti sparire, mentre anche la boscaglia ai piedi della falesia si andava diradando e per cacciare e trovare legna buona ci si doveva allontanare sempre di più. Qualcuno non se ne ricordava neppure degli aLtRi. Con il freddo, la preoccupazione era quella di nutrirsi e nutrire le mamme dei bambolotti color cioccolata che venivano al mondo numerosi negli spazi ricavati tra le pelli e gli anfratti rocciosi. Ecco, il loro clan sì che cresceva, mentre gli aLtRi, sempre pochi, sempre gli stessi, sempre più vecchi, forse se n’erano andati via seguendo la direzione della luce quando va a morire.

Ricostruzione artistica di un ipotetico incontro tra sapiens e Neandertaliani in qualche luogo dell’Eurasia intorno a 40,000 anni fa. Secondo analisi cronologiche recenti (nature.com/articles/s41467-024-51546-9), forse un incontro di questo tipo non sarebbe mai avvenuto nella nostra penisola perché all’arrivo dei sapiens i Neandertaliani non ci sarebbero più stati (immagine dalla rivista Science, 2022)

Ricostruzione artistica di un ipotetico incontro tra sapiens e Neandertaliani in qualche luogo dell’Eurasia intorno a 40 mila anni fa. Secondo analisi cronologiche recenti (nature.com/articles/s41467-024-51546-9), forse un incontro di questo tipo non sarebbe mai avvenuto nella nostra penisola perché all’arrivo dei sapiens i Neandertaliani non ci sarebbero più stati (immagine dalla rivista Science, 2022)

Sappiamo per certo che i nostri antenati sapiens, dalla pelle scura e spesso dagli occhi blu, conoscevano gli aLtRi sin da quando, decine e decine di millenni prima, si erano spinti per la prima volta in Eurasia dall’Africa orientale attraverso il Vicino Oriente. Quando accadeva che si scorgessero da lontano, si fermavano tutti per osservarsi, a lungo ed in silenzio. Qualche scontro si era verificato quando qualcuno, poco importa di che colore di pelle, si era avvicinato troppo per curiosare. Un giorno però una giovane del clan di Thorin aveva raggiunto il riparo da sola, aveva oltrepassato la barriera delle pelli e si era accovacciata con noncuranza accanto alle donne sapiens. E là rimase invecchiando in seno al gruppo, fino a quando una iena la dilaniò trasportandone i pezzi nell’ultima grotta sopra il fiume. I suoi figli, cacciatori straordinari cresciuti tra i sapiens, la cercarono a lungo, ma inutilmente.
Gli aLtRi erano sempre pochissimi. Erano di carnagione chiara con capelli rossicci e non si esprimevano allo stesso modo dei nostri antenati. Emettevano suoni diversi e non avevano identiche capacità uditive e di resistenza al dolore, alla fatica, così come non usavano le stesse armi per cacciare. Per le medesime funzioni, producevano oggetti di legno e scheggiavano lame di selce di altre forme e dimensioni, bizzarre agli occhi dei sapiens. Non avevano colori vivaci sul viso e sugli indumenti, e solo gli adulti esibivano qualche pendente, spesso resti di uccelli.

Una lunga e fredda notte alla ricerca del fuoco

Rappresentazione artistica del pittore ceco F. Kupka sul periodico francese L’Illustration di un Neandertaliano com’era immaginato agli inizi del XX secolo (immagine dalla rivista CNRS Le Journal, 2017)

Rappresentazione artistica del pittore ceco F. Kupka sul periodico francese L’Illustration di un Neandertaliano com’era immaginato agli inizi del XX secolo (immagine dalla rivista CNRS Le Journal, 2017) m

I sapiens erano più numerosi, ridevano forte e vociavano quando incontravano gli aLtRi. Ma questo accadeva di rado. Poi non li videro più e li dimenticarono in fretta. In un mondo in trasformazione, qualche gruppo sparuto di sapiens non ebbe mai neppure l’occasione di incontrarli, in effetti di incontrare alcun altro essere umano al di fuori dei membri del proprio clan. Diverse erano le loro preoccupazioni in un mondo sempre più freddo le cui notti si allungavano obbligandoli a procurarsi sempre più legna per i focolari e ad aumentare la loro efficacia di cacciatori-raccoglitori. Da millenni la precessione degli equinozi trasportava inesorabilmente i loro inverni sempre più lontani dal sole. Ma loro non lo sapevano. I grandi mammiferi, però, erano di ritorno, e questo era buono.
Diversi siti in Europa indicano che i nostri primi cugini, i Neandertaliani, gli aLtRi, svanirono dalla scena poco meno di 40,000 anni fa, dopo un viaggio evolutivo attraverso diverse latitudini durato oltre 400,000 anni (più della durata dell’avventura evolutiva di noi sapiens fino ad oggi), un’eternità durante la quale avevano avuto modo di vedere e sperimentare di tutto, e a tutto si erano adattati, anche se non sempre a basso prezzo: dal grande freddo polare che periodicamente edificava insormontabili muri di ghiaccio che frammentavano i territori impedendo loro di spostarsi e di ricongiungersi ad altri gruppi, al caldo subtropicale che rarefaceva le loro prede, aumentava il rischio di pericolosi incontri con grandi felini e li obbligava ad abbandonare le grotte vicino alle coste, sempre più vulnerabili all’avanzare del mare.
Nel loro girovagare, di umani diversi da loro ne avevano talvolta incontrati, e non solo di tipo sapiens
Anche la loro morfologia e proporzioni, la forma del torace, il metabolismo, la resistenza a certi patogeni virali, le loro capacità tecniche e tradizioni, il modo di esprimersi e di trasmettere esperienze e conoscenze: tutto si era modificato, era evoluto nel tempo e nello spazio. Una specie umana diversa dalla nostra, un altro modo di “essere esseri umani” comunque di grande successo adattativo, dunque evolutivo, ma frammentata in piccole, piccolissime comunità mobili in un mondo variegato ed instabile al quale i sapiens, all’evidenza, si conformarono più efficacemente.
Ma perché i Neandertaliani svanirono da quell’Eurasia che conoscevano come le proprie tasche? Non esiste ancora una risposta scientifica univoca a questa domanda, bensì diverse piste supportate da evidenze fattuali sulle quali lavorano i ricercatori. Vediamo le più significative.
Verosimilmente, non furono delle epidemie a decimarli, perché ne avremmo constatato la scomparsa sincrona e brutale in regioni diverse, mentre sappiamo che i Neandertaliani si ritirarono lentamente verso “zone rifugio” per poi confondersi col nulla. Anche un conflitto diretto con i sapiens appare poco probabile, perché non ne troviamo tracce evidenti: nella più parte dei casi, le evidenze di traumi riscontrate sui resti scheletrici si possono infatti attribuire all’interazione violenta con predatori non umani.
Anche se non abbiamo prove genetiche dirette di una fecondità differenziale tra le due specie (differenze nel tasso medio di figli/donna), gli studi paleogenetici mostrano che, nei Neandertaliani, la variabilità interna ai gruppi e quella tra gruppi grosso modo contemporanei (separati da un lasso di tempo di qualche migliaio di anni soltanto), era modesta, inferiore a quella dei sapiens antichi. Questo indica unità di dimensioni più modeste ed un livello più elevato di endogamia (scambi più frequenti tra primi cugini, per esempio), con probabile riduzione della fertilità.
Nel corso dell’evoluzione, attraverso le loro mamme neandertaliane, i figli maschi di padre sapiens “catturarono” il cromosoma Y che garantiva una fertilità superiore a quella degli individui di padre neandertaliano, ma ciò avvenne probabilmente troppo tardi per invertire la tendenza all’inesorabile declino della loro specie.

L’estrazione del DNA antico e di alcune proteine dai resti ossei e dentari di individui neandertaliani e sapiens fossili permette di fare inferenze sulle dinamiche demografiche e sulla variabilità genetica delle rispettive popolazioni (immagine dalla rivista Science, 2023)

L’estrazione del DNA antico e di alcune proteine dai resti ossei e dentari di individui neandertaliani e sapiens fossili permette di fare inferenze sulle dinamiche demografiche e sulla variabilità genetica delle rispettive popolazioni (immagine dalla rivista Science, 2023)

In effetti, ad ogni generazione durante le ultime migliaia di anni prima dell’estinzione della specie, il numero di donne neandertaliane in età feconda – variabile solo stimabile grossolanamente (fascia di età forse compresa tra i 10-12 ed i 27-30 anni) – sarebbe consistito soltanto in poche migliaia di individui, senz’altro meno di 10,000 (alcuni suggeriscono addirittura meno di 5,000). Per calcolare la cosiddetta “metapopolazione” neandertaliana, a questa cifra indicativa, sovrastimata, vanno aggiunti: il corrispettivo numero di individui di sesso maschile (diciamo altri 10,000, ma senz’altro di meno), gli individui in età di accrescimento (certamente meno di 20,000) e la frazione anziana (stando larghi, diciamo altri 5,000-8,000 individui?), per un totale di meno di 50,000 individui (più probabilmente, intorno a 30,000) distribuiti attraverso un’areale eurasiatico compreso tra l’attuale Portogallo, l’Iran a sud – ma probabilmente anche la Penisola Arabica – l’Europa del nord… fino ai margini dell’Asia centrale. Insomma, il vuoto galattico.

Concludendo. Un altro modo di essere umani…

Ricostruzione artistica iper-realistica di un adulto neandertaliano ottenuto attraverso tecniche di formazione di immagini ad alta risoluzione a partire dalla morfologia dei resti fossili (immagine del Musée d’Angoulême, Francia, 2022)

Ricostruzione artistica iper-realistica di un adulto neandertaliano ottenuto attraverso tecniche di formazione di immagini ad alta risoluzione a partire dalla morfologia dei resti fossili (immagine del Musée d’Angoulême, Francia, 2022)

Ecco, forse fu così che, senza clamori, traumi, conflitti… i nostri primi cugini – esempio di un altro modo di “essere esseri umani”, altrettanto degno quanto il nostro, così prossimi a noi, ma così distinti e distinguibili – tirarono discretamente la loro ultima riverenza sul sipario dell’evoluzione.
Chapeau Thorin! 

 

Stampa

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.

*