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A colloquio con Maddalena Semeraro: «La mia passione per l’essenza del Diritto»
di Mario Castellana
CONTINUIAMO I nostri incontri con alcune personalità del territorio pugliese intervistando Maddalena Semeraro, ricercatrice nel settore forense.
Dove ha compiuto i suoi studi?
«Ho vissuto a Martina Franca fino alla maturità. Poi mi sono trasferita a Roma per iscrivermi alla facoltà di Giurisprudenza. Dopo la laurea ho frequentato la Scuola di Specializzazione per le Professioni legali. Tornata in Puglia, ho conseguito il Dottorato di ricerca in Scienze Giuridiche presso l’Università del Salento, dove ho iniziato il mio vero percorso di ricerca. È stata un’esperienza formativa importante grazie al mio Maestro, il Professor Raffaele Di Raimo. Da Lecce, mi sono trasferita all’Università Magna Graecia di Catanzaro, dove ricopro il ruolo di Professoressa ordinaria di Diritto dell’Economia e dove continuo a svolgere la mia attività di ricerca e di insegnamento».
Com’è nata la passione per la ricerca ?
«Confesso che è nata in modo inaspettato. Da adolescente, ma anche nel corso dei miei studi universitari, ero convinta che avrei fatto il magistrato. Poi è accaduto l’imprevedibile. All’orale degli esami di avvocato sono stata interrogata dal Professore Vito Russo, Professore di Diritto Privato dell’Università di Lecce, il quale mi ha chiesto se fossi interessata a fare ricerca. A Lecce ho trovato un gruppo di ricercatori che mi hanno trasmesso la passione per la ricerca. Alla fine, dopo anni di preparazione, non ho neppure sostenuto il concorso in magistratura».
In quale campo ha concentrato la sua ricerca?
«Mi sono specializzata nel Diritto dell’economia. Studio, in particolare, i rapporti tra intermediari e clienti nell’ambito dei mercati bancari finanziari. Sono sempre stata attratta dalla discipline privatistiche, molto più che da quelle pubblicistiche. Il destino poi mi ha fatto incontrare persone che hanno raccolto la mia passione e mi hanno insegnato l’essenza del Diritto. In molti pensano che il Diritto, specie il Diritto Privato, sia una materia arida. Non è così: il Diritto è il risultato dell’evoluzione della nostra società. Ci dice molto su come una data collettività in un dato periodo storico si posiziona in termini di scelte di valori da tutelare. La nostra tavola di valori è contenuta nella Costituzione della Repubblica Italiana. È importante ricordarlo in un momento di così grave crisi delle democrazie contemporanee. Anche oggi, di fronte alle sfide che l’attuale fase ci mette davanti, penso alla rivoluzione digitale e ai rischi connessi all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, ma anche alla c.d. transizione ecologica, il Diritto svolge un ruolo costruttivo fondamentale».
Ci può descrivere alcuni dei risultati ottenuti?
«Descrivere i risultati di una ricerca giuridica non è sempre agevole. Il giurista lavora con il sistema di norme. Come ogni sistema, anche quello giuridico ha i suoi presupposti concettuali e le sue categorie, i quali, a differenza di quanto accade per le scienze dure, non sono fissi e immutabili nel tempo e, soprattutto, non sono sempre ricostruiti allo stesso modo. Questo spiega perché identiche controversie siano spesso risolte dalla giurisprudenza in modo differente. La ricerca giuridica negli ultimi decenni ha cambiato pelle. Prima era anzitutto volta a implementare la coerenza logica interna di un sistema monistico, sotto il profilo delle fonti e dei principi. Oggi noi viviamo in un sistema normativo aperto e pluralista, in continua evoluzione. In questo contesto, compito principale del giurista è alzare lo sguardo per capire in che direzione va il sistema, provando a elaborare soluzioni interpretative che conservino coerenza con i valori fondamentali posti dalla Costituzione della nostra Repubblica e dalle Carte europee alla base della convivenza civile. La forte accelerazione verso un profondo mutamento sistemico ha caratterizzato fortemente anche le discipline giuridiche dei rapporti economici, specie bancari e finanziari. Nell’ambito di questi mercati, ho concentrato la mia ricerca sui rapporti monetari. Mi sono occupato soprattutto di moneta, di interessi monetari, di strumenti di pagamento. Tematiche, queste, legate a doppio filo con le sorti dei rapporti di finanziamento bancario. L’economia contemporanea è fondata sul debito finalizzato al consumo. È una scelta di politica economica, diventata scelta di sistema, in grado di orientare la disciplina dei rapporti tra banca e cliente verso soluzioni in termini di tutela del secondo che assai spesso sono l’esito di una forte dialettica tra l’esigenza di assicurare l’efficienza e la stabilità dei mercati e quella di non escludere dal circuito il consumatore, che ne costituisce la principale fonte di alimentazione».
Quali sono i suoi interessi negli ultimi tempi?
«Negli ultimi tempi sono tornata al mio primo amore, la moneta. È da un po’ che si parla di euro digitale, ma adesso il progetto inizia a prendere forma. Il Regolamento istitutivo dell’euro digitale ne disegna i confini e stabilisce la modalità di utilizzo di questo valore monetario. Sarà a tutti gli effetti moneta avente corso legale, come le banconote, ma a differenza delle banconote la conserveremo in borsellini elettronici o in conti digitali movimentati dalle banche. Si tratta di una novità normativa molto interessante nella mia prospettiva di ricerca perché aiuta a puntualizzare la relazione esistente tra le tre principali tipologie di moneta: moneta cartacea, moneta scritturale e moneta elettronica. È dalla mia prima monografia che sostengo che queste tre tipologie di moneta, nei rapporti di pagamento, si comportano allo stesso modo, producendo la loro disposizione i medesimi effetti. Mi sembra che la disciplina dell’euro digitale confermi questa impostazione. Buona parte degli autori che si sono occupati del tema, e anche la giurisprudenza, non sono sulla medesima linea ricostruttiva. Dalle due impostazioni teoriche discendono importanti conseguenze pratiche nella disciplina dei rapporti bancari e finanziari».
Ci parli un po’ dei suoi impegni didattici
«Insegno all’Università Magna Graecia di Catanzaro Diritto Privato e Diritto Bancario. L’insegnamento può essere molto gratificante. Rappresenta il completamento della ricerca, che per noi giuristi si svolge prevalentemente in solitudine, anche se non vanno dimenticati i convegni accademici, momenti di condivisione di idee utili ai fini della ricerca individuale. Molto spesso, quando si parla di Accademia universitaria si mette l’accento sulla ricerca e l’insegnamento finisce per apparire secondario. L’insegnamento riveste invece un ruolo centrale (lo dico anche a me stessa). Con l’insegnamento il Professore tenta di trasferire il suo bagaglio di conoscenze allo studente, ma soprattutto tenta di offrirgli una visione del mondo. La lezione è un momento di formazione importante per i ragazzi. È a lezione che iniziano a ragionare e a farsi un’idea del mondo in cui vivono e a riflettere su come vorrebbero che fosse, imparando che anche loro possono dare un contributo importante. Purtroppo negli ultimi tempi i ragazzi sono scoraggiati e, soprattutto dopo il covid, seguono sempre meno le lezioni. Il dovere di un Professore è suscitare in loro nuovo entusiasmo per lo studio e per la vita universitaria, che è anzitutto socialità. Da parte nostra dobbiamo sperimentare modalità di didattiche innovative, cosa che già buona parte degli Atenei compreso il mio fanno, agevolando la partecipazione attiva a lezione».
Dato che è impegnata nell’ambito giuridico, può esporre quali sono i problemi cruciali in tale settore?
«Direi che non è soltanto l’area giuridica ad avere problemi. In questo momento l’Università, specie quella pubblica, è in crisi. È sicuramente una crisi anzitutto finanziaria, ma c’è di più. Dopo i fondi del PNRR arrivati a pioggia (forse un po’ troppo a pioggia, specie per le aree come la mia dove la progettualità assai spesso non ha un immediato riscontro pratico), adesso ci sono stati tagli drastici al finanziamento alle Università. Alto è il rischio che giovani bravi decidano di fare altro, non potendo aspettare tempi biblici per entrare in ruolo. Ciò detto, va aggiunto che è anche una crisi identitaria. L’Università rischia di perdere la sua identità, un po’ perché è messa in concorrenza con le Università private telematiche, con la conseguenza che anche la didattica online inizia ad avere sempre più spazio nelle diverse facoltà. Dunque, didattica a distanza con conseguente spersonalizzazione del rapporto docente-discente. Ma rischia di perdere la sua identità anche perché sta prendendo sempre più piede un processo di burocratizzazione che rischia di svilire la funzione universitaria: creare nuove competenze e formare i giovani attraverso lo scambio delle idee. Iniziano a contare, insomma, più le carte che non la vera sostanza».
Continua ad avere rapporti con la sua città natale?
«Ho continuato a vivere a Martina fino a qualche anno fa, facendo la spola con Catanzaro. Da un po’ mi sono trasferita a Milano, ma appena posso torno a casa. A Martina ho le mie radici, la mia famiglia. È una cittadina che amo profondamente, dove ho passato una parte importante della mia vita e dove continuo a soggiornare per lunghi periodi».
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