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Il fiume che portava in una lunga traversata le pecore dall'Abruzzo in Puglia

Alla riscoperta del tratturo perduto

I tratturi, le strade della transumanza tra Abruzz0 e Puglia (mmagine internet)

di Natia Merlino

I tratturi, le strade della transumanza tra Abruzz0 e Puglia (mmagine internet)

I tratturi, le strade della transumanza tra Abruzz0 e Puglia (mmagine internet)

Chissà cosa pensavano i pastori nel lasciare il loro territorio, l’Abruzzo, incamminandosi verso la piana pugliese. Forse ai versi di D’Annunzio? In effetti potevano far loro da incitamento: “Settembre, andiamo. È tempo di migrare…” sentendosi anche meno soli e uniti da un destino comune: “… ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti”, in un misto di poetico e romantico, o avvertivano il peso di quel trapasso da una regione all’altra, utile solo per motivi economici?
La loro autostrada erano i tratturi. Dal latino tractoria (tractus, traho), privilegio che consentiva ai pastori di percorrere i sentieri della transumanza sul territorio abruzzese, già in epoca protostorica erano lunghe vie battute da armenti e greggi e nel 1400 la loro rete riorganizzata dagli Aragonesi che crearono la “Regia dogana per la mena delle Pecore in Puglia”, la cui sede fu Lucera e poi Foggia dal 1447 al 1806. Sono detti anche vie “erbose” o “della lana”.
Sul fiume dei tratturi, fino a cinquanta anni fa, scorrevano le moltissime, interminate di pecore, rallegrando con i loro suoni le larghe vie erbose, nutrimento genuino. Sulla via dei tratturi le accompagnavano i pastori, come nuovi esploratori, in quanto conoscitori dell’ambiente, del clima, del paesaggio, i pastori, come nuovi studiosi, in quanto provvisti di competenze inerenti all’artigianato e al cibo. Sulla via dei tratturi si incontravano i tholos, ricoveri circolari in pietra a secco, fontane, abbeveratoi, aree di sosta, denominate “stazioni di posta”, campi coltivati, chiese, fortezze si snodano lungo l’itinerario degli antichi tratturi.
Il più importante e lungo nel territorio del Mezzogiorno orientale era il “Tratturo Magno”, lungo circa 250 chilometri e attraversato ogni anno da circa 3 milioni di capi.

La mappa dei trattura (fonte internet)

La mappa dei tratturi (fonte internet)

Un altro tratturo da ricordare era il “Tratturo dell’Imperatore” attraversato da Federico II negli spostamenti da Apricena a Foggia e viceversa.
Certo è che questo viatico di una media di due settimane – l’ingresso delle pecore nel Tavoliere avveniva il 15 ottobre – era in ogni caso addolcito da una accoglienza culinaria e familiare dei “colleghi” che li aspettavano nelle Puglie. Era comune nelle campagne trovare tavole imbandite di cibi poveri ma sostanziosi, essenziali ma ricchi di generosità, forieri di una fratellanza che riscaldava i viandanti. E, insieme, si modellavano e modellavano l’ambiente, l’ecosistema, le relazioni. Era quasi un rito, che sembrava rinsaldare l’uomo alla terra, un rito che si protraeva fino alla primavera.
La transumanza (pastorizia trasmigrante da trans e humus) negli anni è diminuita – la transumanza appenninica è proseguita fino agli anni ’60-’70 del 1900 – ma oggi rivive con le parole nei convegni, nei concorsi, nei libri, così come i tratturi, non più utilizzati come vie di comunicazione di persone, di animali e di merci, sono diventati musei a cielo aperto, preziose testimonianze storiche e culturali. L’uomo digitale e tecnologico sembra andare per i tratturi alla ricerca di sé stesso e del suo passato o per uno svago diverso dai soliti prodotti offerti.
Il decreto ministeriale del 1976 ha delineato i tratturi quali beni per l’archeologia, la storia politica, militare economica, sociale e culturale, da tutelare come opere d’arte.
Nel 2023 la Transumanza è stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.

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