A PROPOSITO DI...
Carmelo Giacovazzo, lo scienziato delle strutture cristalline, ci invita a interpretare il presente per prevedere il futuro
di Mario Castellana
ORMAI NELLA coscienza comune è stato più o meno metabolizzato il fatto che viviamo in un società complessa e, anzi, anche che lo diventerà sempre di più date le numerose sfide che incombono da richiedere strumenti appropriati per farvi adeguatamente fronte; ed i meccanismi che la sorreggono non sono ben chiari ed è stato, e continua ad esserlo, sempre compito primario del pensiero filosofico-scientifico fornire le chiavi ermeneutiche per comprenderli nel mettere al centro delle riflessioni il presente e dare l’avvio al conseguente «travaglio dei concetti», per usare un’espressione del matematico-filosofo Federigo Enriques, necessari per tale non facile impresa. Un percorso del genere è di ordine cognitivo, ma nello stesso tempo viene ad investire il nostro modo di essere nel farci prendere criticamente coscienza di quell’«insieme di paradigmi condivisi» su cui si regge la società col ritenerli dei “diritti acquisiti”; ma essi hanno uno strutturale e più elevato “grado di volatilità” rispetto a quelli messi in campo nelle scienze fisico-matematiche come ci indica il nostro conterraneo Carmelo Giacovazzo, alla luce della sua lunga esperienza di scienziato impegnato nello sviluppare dei Metodi per la soluzione delle strutture cristalline, nel volume Interpretare il Presente con Metodo. Chi non comprende il presente non può prevedere il futuro (Torrazza Piemonte, per conto di Amazon, 2024).
L’obiettivo del volume, frutto di considerazioni socio-epistemologiche di uno scienziato al lavoro che si è confrontato coi risultati di filosofi e storici della scienza del ’900 come Karl Popper e Thomas Kuhn, è quello di fornire degli strumenti e metodi più appropriati per dare senso al nostro presente e per avere a disposizione dei punti più solidi di riferimento per affrontare il futuro col suo pieno di sfide; e non a caso, orientato in tal senso, proprio nella settimana scorsa si è svolto a Budapest il Word Science Forum, dove gli scienziati hanno rivolto un appello urgente alla comunità internazionale per far fronte alle trasformazioni globali in corso col ‘sostegno ad un processo decisionale basato sulle prove’, oltre a rivendicare la scienza come un diritto umano’. E per un obiettivo del genere, la chiave ritenuta più opportuna è quella ricavata dal lungo abbeverarsi, da parte di Carmelo Giacovazzo, a quella vera e propria fonte di Siloe che è per tutti il “Metodo” scientifico in uso nelle scienze naturali dal ‘600 in poi; e non va dimenticato il fatto che esse, grazie al loro pieno portato di prove, teorie e sperimentazioni, hanno avuto come effetto, quasi da razionalità agapica, la messa in piedi di un non comune apparato critico che vide protagonista prima il nostro Galileo e che poi in pieno Illuminismo ha demolito secolari istituzioni che si reggevano sull’ipse dixit e su presunte leggi di origine divina.
Esso ‘Metodo’ per Giacovazzo, e come le stesse filosofia e storia delle scienze hanno evidenziato, ha funzionato come una indispensabile “risorsa” per altri campi e là dove non viene messo in pratica, spesso ha portato a “qualche grosso rischio” col diventare “un ostacolo allo sviluppo armonico della società; ed il suo valore euristico ha permesso in seguito la nascita e lo sviluppo delle stesse discipline cosiddette umanistiche dall’economia alla psicologia e alle scienze sociali, che come giustamente viene rilevato “hanno un comportamento diverso da Fisica e Matematica”. Ed il volume si avvale come primaria fonte dell’importante nozione di “paradigma” introdotto da Thomas Kuhn che ha avuto il merito di arricchire il nostro vocabolario epistemologico per aver innescato dei vivaci dibattiti sulla dimensione sociale della scienza e sul ruolo delle comunità epistemiche; per tale idea “si intende un insieme di principi, concetti e teorie condivise da una società” e si ritengono presenti sia nelle scienze fisico-matematiche e naturali che nelle scienze sociali. Si ritiene che la stessa “società si evolve per successione di paradigmi” e nelle scienze sociali, che l’hanno per oggetto specifico di indagine, essi “evolvono con maggiore velocità che in Fisica o in Matematica”, sono indispensabili per “comprendere l’evoluzione e la qualità della Società” e “connessi coi diritti acquisiti”.
A tal fine il volume si serve spesso nei diversi capitoli di esempi ed immagini con la specifica “funzione di rendere comprensibile una materia” incentrata sul Metodo ed i paradigmi, di cogliere l’importanza delle figure di scienziati che nel tempo hanno dato dei considerevoli contributi col migliorare la società nella “convinzione che l’avanzamento delle Scienze dipende dalle qualità di chi le ha ben praticate”. Per questo nei primi capitoli si analizza come è nato e ha funzionato il Metodo sia nelle scienze matematiche che in fisica e chimica sempre con l’ottica di interrogarsi sino a che punto il trattare questioni di natura metodologica da Descartes a Galileo, da Lavoisier a Mendel sia stato ed è importante “per lo sviluppo sociale” da continuare ad approfondirli. E nel seguito del suo lavoro Giacovazzo tiene a precisare di utilizzare il concetto kuhniano di paradigma in modo “meno esteso” per meglio “analizzare con più dettaglio l’evoluzione di una data disciplina” connessa con il contesto storico più in generale; in tal modo si comprende più adeguatamente l’emergere di “una nuova concezione in uno specifico settore scientifico o sociale” come nel Rinascimento italiano, “frutto di diversi nuovi paradigmi di natura culturale e tecnologica” con lo sviluppo dell’architettura, della pittura, della musica abbinate ad una nuova visione dell’uomo.
Ma si insiste giustamente sulla “versatilità del Metodo”, nato sì in fisica non “integralmente estendibile al di fuori” di essa e basato sul classico sistema di “osservazione, modello e sperimentazione, applicazione” per la prima volta messo in pratica da Galileo, processo che ha fatto da volano allo sviluppo dell’Occidente nelle diverse articolazioni sociali ed economiche da portare al consolidarsi delle stesse idee democratiche; ma ad esso ha contribuito in modo forte la matematica pur col suo potere astratto da creare la cosiddetta e ricca letteratura sul carattere ‘divino’ o sua ‘efficacia irrazionale’, tale da far dire ad alcuni che essa è un “linguaggio primario, residente nel sistema nervoso centrale”. Giacovazzo ci accompagna in questo entusiasmante dibattito sulla natura della matematica, oggetto di plurisecolari dibattiti e che è stato pure al centro di interesse del ‘credo epistemologico’ dello stesso Albert Einstein, come scrive nella sua autobiografia; diventato in questi ultimi tempi oggetto delle neuroscienze, ne vengono evidenziati i paradigmi che ne hanno caratterizzato l’evoluzione da quello ritenuto più “settoriale: l’infinito” da Zenone alle geometrie non euclidee, per le quali si batté il nostro Giuseppe Battaglini, e Cantor, a quello “generale: il calcolo infinitesimale” con la famosa disputa tra Leibniz e Newton. Molto poi interessante si rivela l’analisi dei paradigmi “generali” in fisica da quello copernicano e newtoniano a quelli del campo elettromagnetico, della relatività generale e della meccanica quantistica, col dare sempre importanza all’aspetto umano delle figure coinvolte in questi settori che hanno cambiato radicalmente la nostra immagine del mondo; non poteva mancare l’attenzione rivolta al mondo della vita col dare un certo spazio al “paradigma generale: la Selezione naturale” inaugurato da Charles Darwin.
Si dà così molta importanza a quel non lineare processo definito “irruzione nella storia del Metodo Scientifico”, che ha portato in dote “la completa libertà di critica” da diventare “l’ingrediente travolgente della Scienza moderna”; il dirompente sviluppo scientifico ha marginalizzato la “Filosofia intesa in senso classico,” ed ha creato le basi della “Filosofia della scienza o Epistemologia”, saperi nati nel primo Novecento con lo scopo di “riflettere sull’evoluzione della scienza” e sulle sue diverse ‘ragioni o anime’ come le chiamava Federigo Enriques. Il ricco patrimonio epistemologico, al cui sviluppo hanno contribuito sia scienziati-savants che filosofi, ci ha fornito così un insieme di strumenti concettuali per comprendere appieno il significato umanistico della scienza; e anche per Giacovazzo questi nuovi saperi contribuiscono ad alimentare il cruciale dibattito “sul suo impatto sulla Società, sulle questioni etiche connesse all’uso della Scienza” da ritenere strategico “sottoporre a critica anche l’organizzazione materiale su cui si basa la ricerca scientifica” per chiarire la “suddivisione delle risorse economiche fra ricerche teoriche e sperimentali”.
L’ultima parte del lavoro si concentra sul “metodo e i paradigmi nelle scienze sociali”, la cui analisi costituisce “un punto di vista complementare a quelle delle altre discipline” prese in esame, in quanto in esse si ha a che fare con “qualcosa di più immateriale, gli aspetti culturali della società… frutto delle interazioni fra i ceti sociali”; ed il tutto è finalizzato a comprendere e a cercare di risolvere i complessi “problemi per realizzare una società moderna”. I paradigmi sociali vengono individuati in quelli “di tipo economico, come il liberalismo e il comunismo” ed in quello “culturale, la liberazione della donna”; ma essi sono molto variabili ed alcuni sono “non condivisi”, come quelli basati sugli interessi economici o sul problema degli immigrati, altri sono “silenti” come quello della “criminalità organizzata”, non approvato ma dotato di una certa “attrazione”. Dei paradigmi sono condivisi come la libertà di espressione, l’eguaglianza dei diritti, ma a volte vengono violati o “sottomessi a variazione” con arrivare a “casi di democrazie autoritarie o deviate” e altri sono “in declino” come la scuola pubblica o la salute pubblica; per ovviare a tali processi degenerativi, Giacovazzo si chiede e ce lo pone nella sua crucialità: “che cosa possono fare Scienza e Società umane per alleviare o eliminare tali rischi?”. Se si tiene presente questo intreccio tra problemi scientifici e problemi sociali, possiamo ricavare degli strumenti più in grado di affrontare i rischi e non cadere in posizioni collassologiche, di orientare le implicazioni della tecnogenesi umana, come l’ha chiamata Bernard Stiegler, processo di evoluzione o coevoluzione dove gli esseri umani hanno esternalizzato le conoscenze in artefatti sino a rimodellare non solo la loro biologia, ma anche la società e le stesse dinamiche di potere.
Nella nostra società sempre più proiettata verso il futuro, non c’è più posto per il dilettantismo e prese di posizioni aleatorie come nel passato ed ogni problema con cui si ha che fare ha ormai una dimensione globale ed investe un insieme di fattori che vanno individuati e liberati da pregiudizi di ordine ideologico, sempre in agguato e pronti ad incunearsi nelle menti poco avvezze al confronto critico; e pertanto va affrontato con le armi della conoscenza scientifica che è un serbatoio indispensabile di pensiero critico per i suoi rigorosi metodi e nello stesso tempo non esente da limiti essendo una costruzione umana. Con tale coscienza epistemica, siamo costretti a fare i conti col presente, a comprenderlo nelle sue pieghe a volte esplicite e molto spesso meno; ed Interpretare il Presente con Metodo di Carmelo Giacovazzo è un costante invito a farci prendere in carico questa necessità per poter avere delle chances più adeguate per il futuro, per non lasciarlo privo di punti di riferimento per le inedite sfide che ci attendono e per gestire con più accuratezza le diverse transizioni in corso. E non è un caso che da più parti la nostra era geologica, chiamata Antropocene per il forte impatto delle attività umane sul pianeta e al di là delle diverse diatribe a livello internazionale su tale fenomeno, è definita un’era di riflessione, di profonda riflessione che non può essere lasciata a sé stessa in quanto il futuro, più che in passato, dipenderà sempre di più dalle nostre scelte.
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