ALCHIMIA & DINTORNI
Come perdersi nell’oceano dell’esistenza
Osho e la sua capacità di dissolvimento nell’oceano dell’esistenza. Di questo asceta dell’essere e non essere si parla nella rubrica “Alchimia & Dintorni”. Perché la vera Alchimia non mira alla trasformazione del piombo in oro ma alla trasformazione dell’animo umano e al miglioramento di se stessi.
di Aleister
Osho nasce nell’India centrale, anche se lui amava dire di sé: “Io non sono mai nato e mai morto, ho solo visitato questo pianeta” (dal 1931 al 1990). Il nome con cui vuole essere ricordato deriva da “Oceanico”, termine coniato dal filosofo inglese William James per indicare l’esperienza del “dissolversi nell’oceano dell’esistenza”, tratto comune a tutte le varie forme di religiosità.
Fin dalla più tenera età Osho si pone di fronte all’esistenza come uno spirito libero, desideroso di sperimentare la vita in prima persona, insofferente a regole e a norme imposte o acquisite in maniera acritica. La sua ricerca della verità raggiunge il punto culminante all’età di ventun anni, quando vive nel proprio essere la più alta vetta di consapevolezza che un uomo può sperimentare: l’illuminazione. Descritta in Oriente come “l’istante in cui la goccia si fonde nell’oceano, nell’attimo stesso in cui l’oceano si riversa nella goccia”, per noi occidentali è più facile comprenderla come “la totale rottura e la caduta delle maschere con cui comunemente ci identifichiamo per sopravvivere e attraverso cui viviamo la nostra vita e i rapporti con gli altri, perdendo la capacità di metterci in contatto diretto con la realtà dell’esistenza”. Al fine di condividere quell’esperienza di trasformazione, negli anni ’50 Osho inizia a viaggiare per tutta l’India, prima partecipando a convegni e dibattiti e successivamente tenendo conferenze a folle anche di centomila persone. Termina, comunque, gli studi laureandosi in filosofia e prosegue la carriera universitaria come docente al Sanskrit College di Rajpur prima e all’università di Jabalpur dopo. Solo agli inizi degli anni ‘60 si sente pronto a intraprendere un tipo di lavoro diverso: aiutare altri esseri umani a vivere la stessa esperienza che lui ha sperimentato. Inizia così a organizzare Campi di meditazione durante i quali utilizza tecniche innovative, di tipo dinamico, in grado di aiutare a cogliere quel “silenzio oltre i silenzi” in cui la nostra vera natura si manifesta. Osho abbandona successivamente la carriera universitaria e si stabilisce a Bombay, dando vita a un ashram, o “comunità spirituale”, che viene poi trasferito a Pune in occasione del ventunesimo anniversario della sua illuminazione. Dopo un’esperienza in America, dove provò a replicare il modello di Pune nell’Oregon, conclusasi tragicamente con il suo arresto e un tentativo di avvelenamento, ritorna al suo ashram dove crea, alla fine degli anni ‘80, un “laboratorio di crescita” dove ancora oggi convergono quanti cercano di trovare in questo luogo così particolare quello stimolo esistenziale in grado di scuotere l’equilibrio interiore e spostare il centro della propria autoidentificazione dal senso di separatezza che ci contraddistingue a quello di una profonda appartenenza alla vita.
La figura di Osho ha affascinato l’Occidente per la nuova religiosità che propone: una religiosità assai vicina alla ricerca scientifica perché basata, come questa, sull’esperienza diretta. Tutti gli aspetti del lavoro di Osho sono permeati da una visione che abbraccia la saggezza senza tempo orientale e le più alte espressioni della scienza e della tecnologia occidentali. Per non parlare del rivoluzionario contributo dato alla scienza della trasformazione interiore, con un originale approccio alla meditazione che parte dalla presa di coscienza del ritmo accelerato della vita contemporanea. Questa concezione di spiritualità, che è “consapevolezza immersa nel quotidiano”, è quindi in aperta rottura con la tradizionale visione delle principali religioni, per le quali i due mondi dello spirito e della materia sono separati. Osho auspica, invece, la nascita di un uomo nuovo, capace di integrare i diversi aspetti della natura umana, che non crei artificiose spaccature e che non rifiuti nulla. Quest’uomo sarà la sintesi tra lo scienziato e il mistico, perché entrambi sono mossi dalla stessa sete di conoscenza, ma in due direzioni speculari: la ricerca scientifica (la scienza che si rivolge al mondo esterno) e la ricerca spirituale (la scienza rivolta al mondo interno) presuppongono entrambe in chi le intraprende una libertà da pregiudizi e da credenze, perché solo in questo modo si potranno mettere in discussione le superstizioni religiose e i sistemi filosofici, scevri da qualsiasi forma di dogmatismo. Come la scienza è unica e universale perché tale è il metodo sperimentale, così quando si riconoscerà il carattere scientifico della ricerca interiore non ci saranno più “ebrei”, “musulmani” o “cristiani”, ma solo una grande corrente di esperienze soggettive che nel tempo troveranno una loro unità e universalità. Va da sé che tutto ciò porrà fine a qualsiasi guerra di religione.
Il libro La mente che mente (il titolo è già tutto un programma) è un commento del Dhammapada, o ‟Sentiero della Legge”, uno dei testi più conosciuti e antichi di tutta la letteratura buddhista, un’antologia che racchiude oltre quattrocento detti di Gautama il Buddha. Osho ci spiega come abbandonare tradizioni e ideologie, lasciando cadere tutto ciò che abbiamo negli anni accumulato in termini di informazioni, conoscenze, impressioni e sensazioni; ci invita a risvegliarci davvero e vivere una vita felice, svelandoci i trucchi che la mente pone sul nostro cammino per impedirci di raggiungere tale meta. Siamo, in realtà, noi stessi gli artefici di quella prigione che è la nostra mente, la quale ci mette i bastoni fra le ruote inculcandoci freni e dubbi, privilegiando le illusioni alla prospettiva che porta a esistere in quanto pura e semplice consapevolezza. Solo osservando il corpo e i suoi meccanismi, la mente e il suo flusso di pensieri, le emozioni e le loro implicazioni si arriverà a vedere il mondo per ciò che è, smettendo di sovrapporgli condizionamenti, pregiudizi, aspettative. Grazie alla visione di Osho, dunque, riusciremo finalmente a comprendere quale e quanta grandezza ognuno di noi possiede senza rendersene conto.
Scrivi un commento