A PROPOSITO DI...
Il posto della matematica nella nostra vita secondo Vincenzo Ancona
di Mario Castellana
PRENDENDO SPUNTO spunto da una sempre incisiva e più che mai attuale considerazione di Primo Levi su “la miglior merce”, rappresentata dal livello di conoscenze possedute sulla propria storia da una comunità e ritenute utili per rafforzarne lo spirito identitario, forse sarebbe il caso di gettare uno sguardo a delle figure del nostro territorio che sia nel passato che nel presente abbiano dato dei significativi contributi ai vari saperi sino ad assumere a volte una valenza nazionale ed europea, come ad esempio il matematico Giuseppe Battaglini, che importò in Italia nell’Ottocento le geometrie non-euclidee, e Lelio Fanelli che si distinse come un intellettuale impegnato su più fronti da quello didattico a quello della divulgazione scientifica col tradurre in italiano un’opera fondamentale di Laplace sulla probabilità. Anche se a questi personaggi come al botanico Martino Marinosci sono state intitolate strade e scuole, rimangono per lo più degli illustri sconosciuti anche perché si sono cimentati in ambiti come quello scientifico che, com’è noto, nella nostra tradizione culturale per il lungo predominio della filosofia neoidealista, è stato tenuto ai margini in quanto alle conoscenze prodotte dalle singole scienze, ritenute pseudo-conoscenze, non è stato dato il giusto valore storico-teoretico e, di conseguenza, educativo per la formazione dell’individuo. E tutto questo spiega, nonostante il fatto che siamo circondati nella vita di tutti i giorni dallo sviluppo di tecnologie sempre più sofisticate che sono il frutto storico di tali conoscenze a partire da quelle fornite in primo luogo dalla matematica, il basso livello di appropriazione e di metabolizzazione sociale di tale “miglior merce” sia a livello locale che nazionale, oggi più che mai decisiva per le sorti della cosiddetta ‘società della conoscenza’; non è dunque un caso se ancora oggi nelle nostre scuole di ogni grado, compresa la stessa Università, si fa storia quasi di tutto, esclusa la storia della scienza e della tecnica, presenti da molto tempo nei curricula di altri paesi e accompagnate dalla contestuale ed indispensabile riflessione epistemologica, in quanto fare storia e filosofia di qualcosa è un modo per dare senso in primis a ciò che si è prodotto e poi per rafforzare l’identità di un paese, di una comunità, di un territorio nel gioco oggi decisivo tra locale e globale.
Ci viene in aiuto per capire l’importanza per le nostre vite della matematica il recente lavoro dal significativo titolo La forza nascosta della matematica, Quaderno 12 dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere ‘La Colombaria’ (Livorno, Ed. Polistampa, 2023), corredato da contributi di diversi studiosi e curato da una figura del nostro territorio come Vincenzo Ancona, attualmente presidente di tale Accademia e prima dell’Istituto Nazionale di Alta Matematica, dopo essere stato per diverso tempo docente di Geometria presso l’Università di Firenze e aver condotto ricerche presso l’Université Pierre et Marie Curie di Parigi e l’Università di Göttingen, dove ha insegnato uno dei massimi matematici del primo Novecento come David Hilbert. C’è da dire, innanzitutto, che tale volume trova le sue origini nelle diverse attività didattiche condotte all’interno dell’Accademia della Colombaria, dove su iniziativa dello stesso Vincenzo Ancona sono stati organizzati degli incontri finalizzati a far meglio conoscere il complesso mondo delle matematiche con le sue intrinseche ‘ragioni’, come le chiamava il matematico livornese ed insieme epistemologo Federigo Enriques nei Problemi della scienza nel 1906, e per renderci più familiare quello che Hermann Weyl nei primi decenni del secolo scorso considerava come loro “granitico impero”, in quanto a volte agli stessi matematici sembra impermeabile ad analisi di tipo storico-concettuale, pur ritenute necessarie per comprenderne la particolare natura, questione oggetto di secolari discussioni. E poi non va dimenticato il fatto, su cui non si insiste mai abbastanza, che in tale tipo di engagement teoretico, teso a capirne la specificità come scienza, si distinsero nelle agorà i Maestri Greci e della nostra Magna Grecia col dare vita alla stessa filosofia, col fare sorgere non a caso poi dei dibattiti in area francofona se considerarla ‘sorella maggiore’ o meno, dibattiti in cui fu coinvolto lo stesso Henri Poincaré.Non a caso l’obiettivo del volume è quello in primis di dare una chiave di lettura per “disvelare le inaspettate potenzialità della matematica nel mondo contemporaneo” in quanto, come scrive Vincenzo Ancona nell’introduzione, in ogni campo delle attività umane sia scientifico che tecnologico, dalla fisica all’informatica, dalle scienze bio-mediche alle scienze sociali ed economiche, si “utilizzano stabilmente strumenti matematici spesso molto evoluti e sofisticati”. Eppure, pur talmente “pervasiva” è paradossalmente del tutto “sconosciuta” anche agli stessi “utilizzatori di primo grado, come gli scienziati” che non si rendono conto che “dietro il loro lavoro ci sia la matematica” grazie al massiccio uso di programmi software che li porta a non “interferire” con essa. Ma la domanda cruciale ‘ a che serve la matematica?’, che ha preso massicciamente il posto di quella classica ‘cosa è la matematica?’ oggetto di plurisecolari dibattiti da parte di matematici e filosofi e domanda che ha portato alla nascita della logica matematica e dell’informatica, ricorre spesso da parte di coloro che “usano il computer, i telefonini”; del resto le equazioni differenziali col loro portato geometrico sono dietro i voli di aerei e la trasmissione di immagini attraverso i computer, oltre a costituire la base della TAC, della risonanza magnetica e della gestione dei risparmi. La stessa gestione della recente epidemia è stata affidata all’uso massiccio di modelli matematici che sono anche alla base delle cosiddette scienze della simulazione col loro valore predittivo nel cercare di immaginare scenari futuri, riguardanti ad esempio i cambiamenti climatici, l’ambiente, la biodiversità, la vita della Terra.
Vincenzo Ancona insiste sul fatto che in generale questa che è la “miglior merce”, nel senso di Primo Levi, soffre di “basso livello di conoscenze” col diventare “indice di diseguaglianza cognitiva” in quanto non permette “a tanti di comprendere la realtà nei suoi aspetti quantitativi”; ed in tal modo viene a porsi un non facile ma cruciale ed inedito “problema” che investe in particolar modo il nostro tempo e la società della conoscenza, il fatto, poco preso in seria considerazione, “che per una volta non si tratta di diseguaglianza ‘di classe’” per usare una vecchia e nota espressione. È, invece, ritenuto un fenomeno trasversale presente “in tutti gli strati della popolazione” sia pure con modalità diverse ed in tal modo non viene visto come una deficit, “una menomazione: un caso di ‘beata ignoranza’” con effetti negativi sia a livello individuale che collettivo nel fare accrescere “la distanza fra percezione dei fenomeni (sociali, economici, politici…) e la realtà fattuale”. Ma in Italia, com’è confermato da diverse indagini, per motivi culturali sopra accennati, è l’intero settore scientifico che soffre di “basso livello di conoscenze”, di adeguata considerazione per un vecchio e ancora presente pregiudizio, ancora da molti intellettuali portato avanti, dovuto al fatto che il mondo della scienza sia lontano dal mondo della vita e soprattutto dal suo senso, quando invece basterebbe solo confrontarsi con la vita di molti scienziati da Galileo ad Einstein e di coloro che oggi sono particolarmente impegnati nelle scienze del vivente per capire che è tutto il contrario: più si conosce più aumenta la percezione del senso della vita e con essa la nostra responsabilità verso il reale.
Ma la matematica, rispetto alle altre scienze, per Vincenzo Ancona soffre di un ulteriore deficit, di una più grave ‘beata ignoranza’, fatto che “si accompagna all’ignoranza dell’esistenza stessa della matematica e della sua pervasività, nel bene e nel male, nella nostra vita” ; e per cercare di ovviare a questa tragica situazione, che non è solo di natura cognitiva ma esistenziale tout court, i contributi presenti nel volume, a partire da quello dello stesso Ancona dedicato al concetto di ‘rete’, ritenuto in grado di “unificare i possibili significati di ‘rete’ grazie al fatto che fornisce “strumenti e soluzioni validi universalmente”, ci mettono di fronte ad una “eterogeneità di temi” tipici della storia della matematica nel suo complesso con cui occorre fare debitamente i conti. Pur sembrando “un’enorme babele di conoscenze accumulatasi nei secoli senza nessun apparente filo conduttore”, c’è nella storia delle matematiche qualcosa che le unisce e che sempre ha affascinato le menti sia in modo esplicito che implicito, il fatto che ad esse per Vincenzo Ancona “inspiegabilmente il mondo reale sempre si adatta”, grazie alla loro estrema creatività in grado di liberarsi dalla ‘schiavitù dei dati empirici ed immediati’, a dirla con Federigo Enriques, e poi fatto non a caso a base di quella vera e propria esplosione di creatività che è stato il percorso di Alexander Grothendieck, il matematico più produttivo dell’intero Novecento. Ed è quello che lo stesso Enriques e Albert Einstein chiamavano rispettivamente ‘poesia matematica’ e ‘mistero delle matematiche’, per la loro intrinseca capacità di adattarsi al reale, e molte volte di pensarlo, prima ancora che prendesse forma in qualche teoria fisica, a esempio, come il calcolo tensoriale di Ricci-Cubastro o la geometria non-commutativa di Alain Connes ; a ciò si aggiunge il fatto che le matematiche, donde la grande mole di letteratura sul loro presunto carattere ‘divino’, pur essendo partorite da menti finite e limitate, si adeguano quasi perfettamente alle logiche del reale sino a entrare nelle sue articolazioni più nascoste. Affrontare tale problema, nato nel mondo antico e ancora aperto, rende il mondo matematico ricco di diverse nuances qualitative e non solo quantitative per la vita umana.
Gli altri contributi inseriti in La forza nascosta della matematica affrontano problemi più specifici sempre partendo dal presupposto che “la matematica ficca il naso dappertutto e spesso senza farsi notare,” come “supporto dell’ablazione cardiaca, come spiega Antonio Fasano nel suo contributo; ma essa in modo costitutivo “apre continuamente le porte alla tecnologia “secondo Gianni Ciolli e Marco Maggesi nel prendere in esame la tecnologia Blockchain a base dei “meccanismi informatici per salvare e condividere dei dati” e presente nelle criptovalute, nella tracciabilità dei prodotti. Ma non poteva mancare nel volume un interessante e denso contributo, fatto a più mani da Graziano Gentili, Luisa Simonutti e Daniele C. Struppa, sulla presenza della “matematica nella pittura“ dove ha preso piede la geometria proiettiva durante il Rinascimento italiano per l’importanza accordata alla prospettiva che aprì la strada “ad un nuovo modo di interpretare lo spazio”. Com’è noto, molti sono gli studi dedicati a questo tema, ma gli autori si distinguono nell’analizzare minuziosamente la tecnica pittorica del periodo dove furono introdotti “implicitamente nuovi punti e nuove rette (punti e rette all’infinito) e le loro coordinate proiettive” che portarono poi a completare “lo spazio euclideo, oggi chiamato spazio proiettivo”; vengono presi in esame i dipinti del Rinascimento, le opere di Piero della Francesca e di Leon Battista Alberti col fare dei calcoli specifici sulla base dei loro capolavori artistici col trovare uno stretto “collegamento tra le idee pittoriche e la loro struttura matematica”.
Del resto nella storia delle civiltà quando scienza e arte sono state coniugate insieme, come nel caso prima del mondo greco e poi del nostro Umanesimo e Rinascimento, hanno contribuito a fornirci i momenti più ricchi sul piano della creatività umana e soprattutto ci hanno offerto gli strumenti per comprendere l’unità della cultura; ritorna così sempre attuale una poco nota considerazione del poeta romantico inglese John Keats che affermava in un aforisma che ci sono due categorie di individui: ‘chi pensa con le metafore e chi pensa con le formule. Ma quelli che pensano con entrambe sono rari, ma sono quelli che hanno cambiato il mondo. E La forza nascosta della matematica ci invita, pertanto, a riflettere sull’unità della cultura, a non tenere separata la matematica dal nostro mondo e a considerarla una risorsa indispensabile per lo nostre vite, a farla entrare nel nostro ‘piccolo Pantheon portatile’, a dirla con Alain Badiou; questi è una figura di pensatore che nel suo Elogio delle matematiche ed in altri scritti si è confrontato in modo costante con le matematiche del ‘900 sulla scia dello scrittore francese Paul Valéry che nei suoi diversi Cahiers, oltre a confrontarsi con la logique imaginative di Leonardo da Vinci, ha dedicato molte pagine alla complessità del mondo matematico avendo come interlocutore privilegiato Henri Poincaré ed in proporzione minore il nostro Federigo Enriques, col quale condivideva alcune ‘eresie’. Se si escludono Italo Calvino, Primo Levi e pochi altri, in Italia manca una tradizione orientata in tal senso anche se da più parti viene avvertita la necessità di rimediarvi.
Un ‘elogio della/a matematica/he’ e del significato e valore delle conoscenze scientifiche particolarmente apprezzabile: grazie all’autore per la sua analisi e per farci scoprire personaggi e contesti tanto interessanti.