ALCHIMIA & DINTORNI
Mosè, tra i grandi iniziati che comprese qual è il potere occulto della luce divina
di Aleister
SECONDO LA tradizione biblica Mosè morì nel paese di Moab sul monte Nebo all’età di 120 anni; fu sepolto nella valle ma nessuno ha mai saputo dove sia collocata la sua tomba. Qualsiasi ricerca sulla figura storica del profeta si muove, invece, in un oceano di supposizioni, di tesi scientifiche e di ipotesi azzardate. C’è addirittura chi ha dubitato dell’esistenza di un singolo Mosè, proponendo, come fa Reick sulla scia di Freud, l’esistenza di ben tre Mosè.
Nonostante i pareri discordi tra gli egittologi, l’esodo biblico può probabilmente collocarsi durante il regno di Ramses II. La presenza degli ebrei è attestata già sotto Thutmosis III, ma nessuna fonte egiziana parla di un’uscita degli ebrei dall’Egitto, forse perché l’esodo non sarebbe stato un avvenimento rilevante per gli Egiziani. Grazie alle fonti storiche sappiamo che la presa di Gerico, avvenuta dopo la morte di Mosè, c’è stata nel 1250. Le fonti bibliche attestano l’educazione di Mosè a corte e la sua adozione regale, che perciò sarebbe avvenuta all’epoca di Hatshepsut, in quanto prima gli ebrei erano considerati soltanto come schiavi-operai. Mosè sarebbe divenuto il pupilllo della regina ma, alla morte di costei e con l’avvento di Thutmosis III, sarebbe stato costretto alla fuga.
Eliphas Levi, nella sua Storia della Magia, ha ricondotto le origini della magia alla scienza di Abramo, Mosè, Orfeo, Confucio e Zoroastro. I dogmi della magia, racchiusi nelle tavole smeraldine di Ermete, sarebbero stati decifrati da Mosè, che però decise di dare loro un nuovo velo facendo della Cabala l’esclusiva eredità del popolo d’Israele. I cabalisti, infatti, temono l’idolatria, e la figura umana che attribuiscono a Dio è da considerarsi in forma meramente simbolica. In Egitto, invece, la vera scienza si stava perdendo, per cui Mosè si rese conto che l’unico modo per salvaguardare le tradizioni sacre era quello di condurre il popolo ebraico nel deserto proibendo severamente il culto delle immagini che, invece, dilagava sotto i faraoni.
Il teosofo francese Schurè ci ricorda che il primo nome di Mosè era Hosarsiph. Questi era figlio di una sorella di Ramses II e cugino del figlio e successore del faraone. Ma per Schurè Mosè era innanzitutto “il figlio del tempio, poiché era cresciuto fra le sue colonne”. Come attestato anche da Strabone e Manetone, egli sarebbe stato “votato” dalla madre fin dall’adolescenza al culto di Iside e Osiride. Come il filosofo Clemente d’Alessandria, Schurè credeva che Mosè fosse profondamente iniziato all’antica scienza egizia, in quanto senza di essa l’opera mosaica sarebbe incomprensibile.
I magi presiedevano alle cerimonie religiose, interpretavano i presagi e i sogni, studiavano l’astrologia. Erano i consiglieri del re e si incaricavano dell’educazione dei principi di sangue regale. I tre saggi provenienti dall’Oriente che portarono doni a Gesù Bambino erano dei magi, sacerdoti appartenenti alla religione di Zoroastro. Mosè non era ebreo (o giudeo), come vuole l’Antico Testamento, ma egizio. Presso i sacerdoti della Terra di Kemi (la Terra Nera) studiò e apprese i misteri del Grande Arcano. La leggenda che lo vede abbandonato sulle acque del Nilo – che simboleggia la Via Lattea – allude alla capacità del vero iniziato di discendere nelle profondità del mare astrale e di risalire verso la superficie e la luce. Tale potere è ben simboleggiato dal segno dei pesci dei primi cristiani e dai delfini, che spesso sono ancora visibili nei ruderi della Roma Imperiale. Questa abilità speciale indica anche la possibilità di dominare e dirigere a piacimento le correnti astrali-magnetiche. La Via Lattea rappresenta, tra le altre cose, l’origine cosmica del sapere e la sacralità del liquido amniotico occulto, in cui la vita si anima e viene partorito l’Hermes vivificatore. Questo è il mistero della nascita occulta, che gli iniziati profanatori pagavano con la vita qualora avessero svelato l’arcana dottrina della vita e della morte. Non si tratta, ovviamente, di una morte fisica ma di una non-vita, in cui la centralità luminosa di chi compie il resto dell’opera viene a mancare. È proprio in Egitto che la magia si completa come scienza universale e si concreta in veste di dogma perfetto. La vera dottrina ermetica è racchiusa nella Tavola di Smeraldo, in cui è scritto: “Il Sole è suo padre, la Luna sua madre, il vento l’ha portato nel suo ventre”. Queste parole sono rapportabili all’Agente creatore, al Fuoco pantomorfo, mezzo elettivo del potere occulto: la Luce astrale. Il possibile utilizzo di questa forza racchiude il Grande Arcano della magia pratica, un agente misto che incorpora in sé due aspetti che si espandono all’infinito: uno naturale e uno divino, uno corporale e uno spirituale, un mediatore plastico universale e un ricettacolo comune delle vibrazioni del movimento e delle immagini della forma. Attraverso questa forza, che trascendendo l’umano si promana dal mondo nascosto delle cause o Fuoco cosmico, tutte le terminazioni nervose comunicano contemporaneamente, all’unisono.
Questa è la scienza dei Magi, di cui anche Mosè faceva parte.
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