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ILNUOVOPAESE.IT del 16/22 maggio 2024, Numero 20 (Anno XIV) - IN COPERTINA

Rosanna Montanaro: «Me ne sono andata da Martina Franca prima del covid»

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di Valeria Meli

Valeria Meli

Valeria Meli

CON LA nostra inchiesta “Italiani in fuga: i tanti volti dell’emigrazione oggi” abbiamo pensato di approfondire il tema dell’emigrazione dalla propria regione di origine attraverso le voci di chi ha lasciato il nostro paese per costruirsi un avvenire all’estero.

Oggi vi raccontiamo la storia di Rosanna Montanaro che ha lasciato la sua bellissima Martina Franca per trasferirsi in Svizzera.

51b24a24-6174-4819-b58f-6978c1f6048dRosanna, innanzitutto grazie per aver accettato il nostro invito a raccontarci la tua storia che ci aiuta a comprendere meglio il fenomeno dell’immigrazione dal punto di vista di chi l’ha vissuta. Oggi ti chiediamo di raccontare un po’ la tua storia. Da quanti anni hai lasciato la tua terra d’origine?
«Me ne sono andata dalla Puglia, in maniera definitiva, dalla fine del 2019, poco prima dell’ inizio della pandemia».
Che tipo di formazione hai ricevuto in Italia?
«Ho studiato archeologia. Ho lavorato in questo campo in Italia e fatto anche, nell’ambito di questa formazione, un’esperienza bellissima di sei mesi a Vienna, tra il 2014 e il 2015, per poi concludere il mio percorso con il titolo di dottorato acquisito nel 2020 presso l’ Università degli studi del Salento».
Qual è stata la motivazione principale che ti ha condotta a trasferirti in Svizzera?
«Dopo la mia esperienza a Vienna, il pallino di tornare in Austria (e magari anche provare a lavorare in Germania), mi era sempre rimasto. Ma la Svizzera è stata una motivazione più “di cuore”. Ho raggiunto qui il mio allora fidanzato (attuale marito), che aveva trovato lavoro in Svizzera qualche anno prima. Tutto sommato non è andata malissimo, in quanto sono nella parte tedesca della Svizzera«».
Di che cosa ti occupi attualmente?
«Ho cambiato totalmente ambito. Già durante il mio percorso dottorale avevo sviluppato uno spiccato interesse per le applicazioni informatiche in campo archeologico, per poi pian piano orientare completamente il mio interesse primario verso questo campo. Ho quindi fatto un corso di programmazione e sono riuscita ad ottenere una posizione di tirocinio in un’azienda informatica a Zurigo».
Quali sono state le difficoltà che hai incontrato durante questi anni?
«Sicuramente iniziare in un nuovo paese con la pandemia in atto. Diciamo che l’anno dal 2020 all’estate del 2021 non li considero nel mio percorso di esperienza in questo paese. Poi la difficoltà di trovare un lavoro nel mio campo. Il mio intento era mettere da parte soldi per pagarmi il corso di programmazione, ma la Svizzera essendo piccola (e a volte anche un po’ chiusa in certi campi lavorativi) non mi ha dato questa possibilità, quindi mi sono dovuta adattare con un altro lavoro in una fattoria biologica al centro di Lucerna. E qui entra in gioco un altro punto dolente: la lingua. Sebbene avessi una buona base di tedesco, qui è come dover ricominciare da zero, visto che parlano lo svizzero tedesco: il loro (o meglio dire i lori) dialetti. Un vero incubo per chi inizia a studiare il tedesco. Ma l’esperienza di lavoro a Lucerna mi ha permesso di familiarizzare con questa lingua parlata e approcciarmi meglio con i “locals”. Poi ci sono altri punti dolenti: la Svizzera non è Europa, quindi dover avere a che fare con permessi di soggiorno (non sempre garantiti) era una cosa nuova e non sempre facile da gestire. Infine è stato traumatico vedere come i diritti delle donne e il welfare per chi diventa mamma è praticamente quasi inesistente. Insomma non è tutto oro in Svizzera».
Cosa apprezzi maggiormente della Svizzera sia in termini di stili di vita sia dal punto di vista lavorativo?
«Sebbene questo nuovo contesto abbia dei lati poco piacevoli, una volta che si ha un buon lavoro, è difficile tornare indietro. Qui le paghe sono ragionevoli per il costo della vita (che è alto, ma permette anche di avere agi a volte non paragonabili all’Italia), sul lavoro, in sede di colloquio si parla di soldi, le ore che si lavorano vengono tutte pagate sempre e si può parlare liberamente con i datori di lavoro della propria crescita professionale. Insomma c’è una solida cultura del lavoro. Oltre a ciò, la Svizzera offre dei paesaggi unici e camminare e fare hiking è un hobby quasi d’obbligo, che permette di risparmiare sulla palestra».
Cosa ti manca di più della tua terra d’origine?
«Sicuramente il mare. E il cibo. Le quantità di verdure che si possono trovare, fresche. Queste sono sicuramente le cose che mi mancano di più».
Quali sono gli obiettivi per il futuro?
«Riuscire a continuare il percorso della mia realizzazione professionale e, perché no?, cambiare di nuovo lavoro (e approfittare della flessibilità che la Svizzera offre in questo senso)».
Qual è l’augurio che vorresti fare ai tuoi concittadini di Martina Franca?
«Di apprezzare tantissimo la città dove abitano. È un gioiello inestimabile. E di essere un po’ svizzeri, nel senso del rispettare la città, i suoi spazi, le sue regole per renderla sempre di più un luogo adatto per tutti».

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Rosanna Montanaro

 

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