ILNUOVOPAESE.IT del 22/28 agosto 2024, Numero 34 (Anno XIV) - IN COPERTINA (Ed. estiva)
SCIENZA STORIA & NOI – Quando sulla Terra i “sapiens” non erano soli
a cura di Roberto Macchiarelli
(Paleoantropologo, già professore ordinario al Dipartimento Geoscienze dell’Università di Poitiers e al Muséum di Storia Naturale di Parigi)
AL MOMENTO di cominciare la redazione di questo articolo, gli umani dovrebbero aver raggiunto (e stanno superando ogni secondo) la più che ragguardevole cifra di 8 miliardi – più precisamente 8 miliardi 124 milioni 800 mila e passa individui (worldometers.info/world-population/) –, la più elevata a livello planetario mai registrata per qualsiasi altro mammifero, attuale o estinto, in condizioni naturali. Due commenti: 1) siamo troppi e dovremmo…; 2) dal punto di vista biologico, siamo una specie di enorme successo (per il momento, poi si vedrà). Rimaniamo sul secondo punto.
Come specie siamo distribuiti a livello planetario in una moltitudine di popolazioni (potenzialmente in “panmixia”, cioè in libero scambio genetico) caratterizzate da un’enorme variabilità intra e inter-popolazionistica secondo un continuum che non permette l’identificazione di razze biologiche. Per esempio, la variabilità espressa dalle sole popolazioni africane supera quella misurabile tra le popolazioni di qualsiasi altra regione del pianeta. Se è vero che tra due individui si possono riscontrare fino a 3 milioni di differenze genetiche, come recitava il titolo della famosissima mostra del 1992 al Musée de l’Homme di Parigi, «Tous Parents, Tous Différents», è altrettanto vero che siamo tutti unici, tutti diversi, ma tutti strettamente legati: Homo sapiens.
E, cosa non senza importanza, siamo soli, i soli umani viventi, nel senso che nell’attuale biodiversità non ci sono altre specie che possono essere declinate in seno al genere Homo, c’è solo la nostra.
Homo sapiens è emerso (come si dice in paleoantropologia) intorno a 300 mila anni fa in Africa (al momento, i reperti più antichi provengono dal Marocco). Come notava Plinio il Vecchio, ex Africa semper aliquid novi.
In effetti, limitandoci ai rami evolutivi che più direttamente ci riguardano, in Africa troviamo i primi rappresentanti ominoidi, cioè delle scimmie senza coda antenati dei gibboni, dell’orango, del gorilla, dello scimpanzé, dell’Uomo (25 milioni di anni, Ma), i primi ominidi (17 Ma?), i primi ominini, cioè la base del “ramo umano” (7-6 Ma?), il primo rappresentante del genere Homo (2,8 Ma), ed appunto i primi sapiens.
L’evoluzione è un processo assai raramente (o solo per piccoli tratti) lineare – anche se così è spesso schematizzato e così tendiamo a visualizzarlo, purtroppo – e anche per l’umanità dobbiamo immaginare un cespuglio con rami e rametti diversi dei quali interconnessi, come in una sorta di reticolo: un solo percorso conduce però fino a noi, sapiens, mentre altri ci portano, sì, ad altre forme umane, ma estinte. Soli, dunque. Ma non è stato sempre così.
Durante gli ultimi 300 mila anni, mentre i nostri antenati diretti si espandevano dapprima in Africa e poi al di fuori, in quello stesso continente e in diverse parti del Vecchio Mondo – ma non ancora del Nuovo Mondo né in Australia, raggiunti per la prima volta proprio dai sapiens – esistevano altri tipi umani, comunità non sapiens estremamente variegate. Oltre alle recenti analisi del DNA antico (aDNA), lo attesta un ricchissimo registro di reperti ossei e dentari (nonché di testimonianze tecno-culturali) che hanno rivelato modi di essere umani diversi dal nostro. Alcuni rappresentanti convissero con i sapiens fino a tempi geologicamente recenti, intorno a 40 mila anni fa, per poi scomparire probabilmente anche in relazione alla nostra diffusione e successo riproduttivo. Di qualche specie sappiamo invece ancora poco e finora ne intravediamo appena qualche traccia in filigrana intrappolata nei sedimenti.
Ma chi erano i nostri antenati diversi dai sapiens?
Ma non si deve pensare ad un pianeta quasi ovunque invaso da esseri umani. In realtà, anche se oggi difficile a credersi, all’epoca dell’espansione dei primi sapiens gli esseri umani stimati (modelli genetici) consistevano forse solo in alcune decine di migliaia di individui. Per esempio, la cosiddetta metapopolazione neandertaliana in Eurasia non superava qualche migliaio d’individui distribuiti su di una superficie di una quindicina di milioni di chilometri quadrati. Immaginate pressappoco l’equivalente degli abitanti, per dire, di un qualsiasi paese sui 30-40 mila residenti, paracadutati a caso qua e là su di un territorio esteso dal Portogallo alla Siberia occidentale, dall’Europa del nord all’Iran: già trovare un partner al di fuori del primo cerchio ristretto era un’impresa!
Ma chi erano gli altri, i diversi da noi che i nostri antenati sapiens avrebbero potuto incontrare – cosa che in alcuni casi effettivamente avvenne – quando cominciarono a girovagare per il pianeta? Eccoli: Homo heidelbergensis (Africa-Eurasia?), erectus (Indonesia), naledi (Africa del sud), floresiensis (Indonesia), luzonensis (Filippine), neanderthalensis (Eurasia occidentale), i Denisoviani (Eurasia orientale). Per questi ultimi, identificati solo recentemente grazie soprattutto alle analisi dell’aDNA, non esiste ancora accordo sullo status tassonomico, cioè sulla loro identità formale, anche se sappiamo che erano distinti dai Neandertaliani. Dobbiamo poi mettere in conto anche che qualcosa ci sia finora sfuggita e che nuove ricerche sveleranno l’esistenza di altri protagonisti sconosciuti.
Cosa significa, che implicazioni ha l’aver scoperto che i nostri diretti antenati non erano soli, come lo siamo noi oggi da meno di 40 mila anni? Per rispondere correttamente manca un’informazione capitale: con alcuni di questi umani del passato, diversi da noi, ci incontrammo, scambiammo (anche tecno-culturalmente), ci incrociammo catturandone e fissandone opportunisticamente pezzetti di DNA (si chiama “introgressione”) di cui siamo ancora portatori in via di trasferirli a nostra volta alla nostra progenie. Così ci siamo adattati meglio, siamo evoluti proprio perché espressione della diversità, non dell’omogeneità, mentre gli altri intanto sono scomparsi. Dovremmo tenerne conto più spesso di quanto invece non si faccia.
Allora, quanti siamo oggi? Siamo già arrivati in pochi minuti a 8 miliardi 124 milioni 950 mila e passa individui?! Accidenti, eppure pareva che la stesura di questo scritto fosse stata piuttosto rapida!
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