ALCHIMIA & DINTORNI
Sri Aurobindo: “Questo è lo Yoga della Bhagavad Gita”, ovvero il canto del beato
di Aleister
SRI AUROBINDO (il cui vero nome era Aravinda Ghose) nacque a Calcutta nel 1872. All’età di sette anni fu mandato a studiare in Inghilterra; lì imparò, oltre all’inglese, molte altre lingue tra cui il latino, il greco e l’italiano. Successivamente tornò in India e imparò anche il sanscrito per poter comprendere e studiare i testi sacri indiani nella loro lingua originale. Rendendosi conto dello stato di schiavitù in cui viveva la sua gente decise di dedicarsi alla politica oltre che al giornalismo, fondando un proprio partito che propugnava l’indipendenza dal Regno Unito. Fu per questo arrestato e rimase in prigione per un anno, ed è proprio in quel periodo che si avvicinò alla contemplazione e alla meditazione. Infatti, dal momento in cui era rientrato in patria, Aurobindo aveva avuto una serie di esperienze c.d. ‘spirituali’, pur senza sapere nulla riguardo allo yoga, che iniziò a praticare da solo, basandosi sulla Gita e sulle Upanishad. Obbedendo a un comando interiore si trasferì, poi, a Pondicherry, dove decise di abbandonare la politica, ormai consapevole del fatto che il suo messaggio era stato recepito e che altri avrebbero guidato l’India verso l’indipendenza, e di dedicarsi completamente all’attività spirituale. Lì fondò insieme a Mirra Afassa (Mère, la Madre) un ashram, la cui gestione poi affidò a lei per rinchiudersi in una stanza e dedicarsi anima e corpo alla stesura delle sue opere. Ne uscì solo con la morte, all’età di 78 anni.
Aurobindo si può definire un filosofo, o meglio, un maestro di vita. La sua filosofia spiritualistico-evoluzionistica è improntata a un sincretismo che fonde cultura orientale e filosofia occidentale. Aurobindo, nella sua riflessione, cerca di unire i due poli dell’esistenza, la materia e lo spirito. Mentre quasi tutti i percorsi mistici del passato portavano ad un aldilà al di fuori della vita terrena, l’ascesa spirituale compiuta da Aurobindo costituisce il preludio di una discesa della luce e del potere dello spirito nella materia, allo scopo di trasformarla completamente. Per Aurobindo il mondo manifesto non è un errore o un’illusione che l’anima dovrebbe rigettare per far ritorno al cielo o al Nirvana; è la grande scena di una evoluzione spirituale della coscienza che dall’incoscienza originaria si sviluppa nella coscienza divina, celata fin dall’origine nella materia. La mente rappresenta la più alta vetta finora raggiunta dall’evoluzione, ma non è la più elevata in assoluto. Al di sopra della mente esiste la sopramente, una coscienza di verità (assimilabile alla gnosi occidentale) che possiede spontaneamente la luce e il potere della suprema conoscenza divina.
Aurobindo non ebbe mai l’intenzione di fondare religioni o sistemi filosofici, ma di fornire a chiunque ne avesse interesse una trattazione delle proprie esperienze spirituali, ottenute attraverso metodi di conoscenza che egli definiva sovrarazionali, con un linguaggio il più possibile comprensibile e accessibile. Lo scopo delle sue opere è, quindi, quello di ispirare il lettore a cercare questa conoscenza in prima persona. Per raggiungere questa conoscenza sovrarazionale Aurobindo elaborò un metodo che definì Purna yoga, cioé uno yoga completo che, a differenza dello yoga tradizionale, cerca di integrare il divino anche nella quotidianità e nella vita materiale.
Lo Yoga della Bhagavad Gita è una versione epitomata e semplificata ad uso degli occidentali del grande studio condotto da Aurobindo sulla Gita, fatta da un suo discepolo. In essa Aurobindo svela i segreti della Bhagavad Gita (Il canto del Beato, cioé di Krishna), uno dei principali testi sacri indiani realizzato in forma di saga, secondo l’impostazione della cd. Scuola moderna, che non intende la spiritualità come semplice distacco dal mondo, ma come dovere da compiere nella vita quotidiana.
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