In oltre 300 pagine l'ex premier laburista inglese ci indica ancora la "terza via" per governare
Tony Blayr. Cosa significa essere un vero leader per un paese moderno
di Oreste Roberto Lanza
PROBABILMENTE diventerà nel tempo un dato statistico quello di ascoltare e imparare dagli altri. Sulle cose importanti e necessarie ormai il dato emerge sempre con maggiore continuità. Non sorprende perciò come molte volte siano proprio importanti politici inglesi a indicarci la strada. “On leadership. L’arte di governare”, scritto da Tony Blair, ex primo ministro del Regno Unito dal 2 maggio 1997 al 27 giugno 2007, è un libro che ci obbliga a riflettere veramente e capire come, soprattutto in politica, quella seria, i termini devono essere usati in maniera corretta e attribuiti in maniera giusta.
Quelle di Blair sono pagine che rispondono ad alcune domande essenziali in politica. Come stabilire le priorità, sviluppare una strategia efficace, organizzare il proprio ufficio e assumere le persone più adatte? Come affrontare le crisi o gli eventi imprevisti e bilanciare le vittorie a breve termine con i cambiamenti strutturali a lungo termine? Qual è il modo migliore per gestire una burocrazia inefficiente, attrarre investimenti, riformare la sanità o l’istruzione e garantire la sicurezza dei cittadini? Cosa dovrebbero fare i governi per sfruttare le enormi opportunità della rivoluzione tecnologica del XXI secolo?
Nelle sue oltre trecento pagine l’autore quindi parla di leadership, di come i leader traducano grandi idee in risultati concreti. Più che un libro sembra una lezione di come attraverso l’esperienza maturata nei suoi anni di governo al numero 10 di Downing Street, si possono e devono gestire gli interessi del cittadino, unico vero impegno di un politico capace.
Ma il leader chi è veramente? “Quello che fa un passo avanti quando gli altri ne fanno uno indietro”. Si affretta a precisare l’autore. “Il mantello della responsabilità passa di mano, e il leader lo prende volentieri sulle sue spalle”. Continua Tony Blair: “Essere un leader significa qualcosa di diverso. I leader hanno coraggio di non seguire la corrente. Parlano ad alta voce quando altri restano in silenzio”, scrive l’ex premier inglese. Leggendo ancora si avverte che un leader deve sempre dire la verità e non snocciolare slogan come avviene, purtroppo, nella nostra realtà. Il leader è quello che è pronto a dire ciò che va detto, anche ai propri sostenitori. Un leader deve fare ciò che crede sia nell’interesse della gente. “Se alla fine essa non lo gradirà lo manderà a casa”, precisa Blair. Un discorrere sulla Governance di come un leader possa divenire Leader con lettera maiuscola: “Essere onesti con voi stessi quando avete deluso gli altri, essere capaci di chiedere scusa e chiederla sul serio, non portare rancore, perdonare anche quando dimenticare è difficile o impossibile. Tutto questo può aiutarvi a sopravvivere come leader”, annota Blair.
Capitoli brevi e incisivi dunque, ricchi di esempi tratti dai sistemi politici di tutto il mondo. “Cambiare sistema richiede cambiamenti culturali oltre che normativi”. Il vero punto di partenza su cui Tony Blair non fa sconti per arrivare a creare un paese connesso e accessibile agli investimenti. Un libro che contiene ottime indicazioni su cui riflettere e discutere. Dall’importanza di mantenersi coerenti negli affari internazionali a come navigare in politica estera divenuta da tempo politica interna. Come gestire le critiche in stile XXI secolo agli scandali quelli veri e quelli sostanzialmente irrilevanti da cestinare ma su cui il vero leader si deve misurare. Alla fine del suo elegante discorrere tra essere amati, temuti o fidarsi del Leader, Tony Blair chiarisce: “Non cercate di farvi amare ed evitate di farvi temere; a parte i casi in cui è strettamente necessario, puntate al rispetto. È l’unica cosa di cui vale la pena fidarsi davvero in politica”. Un libro da leggere per capire quanto sarà difficile in futuro ricostruire un Paese come il nostro, con la cronica mancanza di veri leader, quelli che riescono a farsi citare nei libri di storia e non in quelle pubblicazioni dove si annotano dei semplici visitatori, di passaggio.
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