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«Leggi tu, leggo anch'io... leggiamo insieme». I libri che rendono più ricca la nostra vita

Tra tradimenti e flussi di coscienza l’odissea vitale dell’«Ulisse» di James Joyce

Proseguiamo il nostro “viaggio” tra i libri che vale la pena leggere almeno una volta nella propria vita. In questo caso puntiamo il nostro sguardo sull’Ulisse di James Joyce. Un romanzo che rappresenta una pietra miliare nell’intera narrativa mondiale. 

James Joyce in  un'immagine web suggestiva

James Joyce in un’immagine web suggestiva

di Francesco Caroli

UNO DEI LIBRI più impegnativi – potremmo anche dire “difficili” – da leggere è senza alcun dubbio l’Ulisse di James Joyce. Ne è testimone il fatto che sua moglie Nora spesso gli chiedesse: «Perché non scrivi libri che la gente possa capire?»
Nonostante ciò l’Ulisse (in inglese Ulysses) di Joyce viene considerato dalla critica uno dei romanzi più importanti della letteratura del XX secolo, una specie di pietra miliare del romanzo moderno. Soprattutto per il suo stile narrativo, che attraversa vari registri, andando dal parodistico al dottrinale. Ma moltissime parti della trama sono sviluppate con quella tecnica narrativa denominata “flusso di coscienza”, dove i pensieri del protagonista vengono descritti senza usare alcuna punteggiatura, per definire appunto «la contemporaneità e l’intricato processo cognitivo che sottostà ai processi mentali dell’io narrante». Ma anche le normali parti descrittive del romanzo sono di difficile interpretazione.
Leggiamo in proposito l’incipit:

Statuario, il pingue Buck Mulligan spuntò in cima alle scale, con in mano una ciotola di schiuma su cui giacevano in croce uno specchio e un rasoio. La vestaglia gialla, slacciata, era lievemente sostenuta alle sue spalle dall’aria delicata del mattino. Alzò la ciotola al cielo e intonò:
– Introibo ad altare Dei.
Immobile scrutava dall’alto la buia scala a chiocciola, e sgraziato strillò:
– Vieni su, Kinch. Vieni su, spaurito gesuita.

La copertina di "Ulisse" di James Joyce nell'edizione dei Mammut New Compton

La copertina di “Ulisse” di James Joyce nell’edizione dei Mammut New Compton

Il “pingue Buck” di Joyce è – come si evidenzia nella prima nota al libro della pregiata edizione integrale dei Manmut della Newton Compton Editori (2012), a cura di Enrico Terrinoni – a tutti gli effetti la versione moderna del “plump Jack” di Shakespeare nell’Enrico IV, inserendolo immediatamente in un contesto di riferimenti alle opere dello stesso Shakespeare.
Ma vediamo in sintesi il significato del primo episodio del romanzo, suddiviso in diciotto capitoli o “Episodi”. Ogni episodio ha un tema, una tecnica, e una correlazione tra i personaggi dell’Ulisse di Joyce con quelli presenti nell’Odissea di Omero. Nel primo episodio il riferimento è a Telemaco.

Sono le otto del mattino e Buck Mulligan, studente di medicina piuttosto sopra le righe, chiama Stephen Dedalus (nel ruolo di Telemaco e protagonista di un romanzo autobiografico di Joyce, Ritratto dell’artista da giovane) invitandolo sul tetto del Sandycove Martello Tower dove vivono entrambi. Tra i due scorre una certa tensione, causata dai modi rozzi e piuttosto superficiali di Mulligan, che riescono ad irritare Stephen. Mulligan ha poi invitato uno studente inglese, Haines, a restare con loro. I tre fanno colazione insieme e camminano a piedi sulla riva, dove Mulligan esige da Stephen la chiave della torre, chiedendogli pure un prestito. Stephen si allontana stizzito affermando che non tornerà per quella sera alla torre visto che ne ha preso il sopravvento “l’usurpatore” Mulligan.

Come si può notare anche da queste prime battute del romanzo, che può certo apparire caotico e destrutturato, Joyce ha inserito nella trama una serie infinita di enigma e puzzle «che avrebbero tenuto gli studiosi impegnati per secoli a discutere su quello» che l’autore irlandese avrebbe voluto dire, rendendolo “immortale”.
L’Ulisse di Joyce è la storia di una giornata (il 16 giugno 1904) di un gruppo ristretto di abitanti di Dublino, i quali ognuno di loro incrocia in modo apparentemente casuale  le vite di tutti gli altri, determinandone lo svolgimento attraverso il continuo monologo interiore. Ulisse è Leopold Bloom, ebreo irlandese e piccolo borghese, che ha come scopo quello di tradire la moglie Molly, dalla quale viene a sua volta tradito. Al polo opposto c’è Stephen Dedalus, intellettuale colto e problematico.
Ma perché Joyce descrive nel libro ciò che accadde a Dublino il 16 giugno 1904?
Per lo scrittore, a quanto si sa, quella fu una giornata particolare poiché incontrò per la prima volta Nora Bernacle, la donna di cui si innamorò e poi sposò.
Il romanzo è  come abbiamo già riferito suddiviso in diciotto capitoli, ognuno dei quali presenta caratteristiche peculiari nello stile, occupando un’ora particolare della giornata, in una sorta di parallelo con l’Odissea, con gli stessi personaggi in una descrizione che alla fine diventa parodia. Ad ogni capitolo vengono associati un colore, un’arte o una scienza o una parte del corpo. Il manoscritto autografato di Joyce del romanzo è conservato al Rosenbach Museum and Library di Filadelpia.
James Joyce, come si può leggere nella breve biografia dell’edizione di Ulisse dei Mammut, «nasce a Dublino il 2 febbraio del 1882. Nel 1904 abbandona l’Irlanda e parte con la compagna Nora per l’Europa.  Vivranno a Pola, Trieste, Roma, Parigi e Zurigo. La prima opera narrativa, Gente di Dublino, esce nel 1914, stesso anno in cui vede la pubblicazione il romanzo autobiografico Dedalus. Ulisse è del 1922 – ma in America sarà assolto dall’accusa di oscenità solo nel 1933. Joyce muore a Zurigo il 13 gennaio del 1944, in seguito a un’operazione »,
Ecco infine un esempio di un breve brano dell’Ulisse di Joyce scritto con la tecnica narrativa del “flusso di coscienza”, nella parte conclusiva del romanzo dove Molly Bloom in un magistrale monologo interiore in otto lunghi periodi senza alcuna punteggiatura e con voluti errori grammaticali e di sintassi, condensa il suo pensiero ridimensionando, da un punto di vista matriarcale, le deviazioni sessuali di Bloom e l’ossessione intellettuale di Stephen. Molly riflette sulla giornata che ha appena trascorso, sul tradimento al marito, sui suoi ricordi passati e su quello che le prospetta il futuro.

… tutte quelle stradine strane e le case rosa e blu e gialle e i giardini delle rose e il gelsomino e i gerani e i cactus e Gibilterra da ragazza dove era un Fiore di montagna sì quando mi sono messa la rosa nei capelli come facevano le ragazze andaluse o dovrei portarla rossa sì e come mà baciato sotto le mura moresche e ò pensato bè lui o un altro che cambia e poi gliò chiesto con gli occhi di chiederlo ancora sì e poi  me là chiesto se volevo sì dire sì mio fiore di montagna e prima lò abbracciato sì e lò fatto stendere su di me per fargli sentire i miei seni tutti profumati sì e il suo cuore che impazziva e sì ò detto sì lo voglio Sì.

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